Giochi dell'Oca e di percorso
(by Luigi Ciompi & Adrian Seville) |
"ll gioco italiano tra politica e propaganda" |
Autore: Milanesi Franco |
Il gioco dell'oca gode in coincidenza con l'avvento della società di massa tra '800 e '900 di un'eccezionale popolarità. I giochi sono stampati in piccole tipografie locali, o da giganti della produzione popolare come Epinal, pubblicati da riviste e giornali, si vendono nei negozi, per strada, presso i chioschi di giornali. A fine secolo, con il precipitare dei rapporti internazionali e con il nazionalismo dilagante diventa nuovamente un eccezionale mezzo di propagande recependo con la rapidità degli oggetti della cultura popolare le trasformazioni dello "spirito del tempo". Così i modi edulcorati del generico moralismo ottocentesco (il secolo dell'ottimismo borghese, come è stato definito) lasciano il posto ai toni forti della propaganda politica, ideologica, militare, espressa anche con estrema aggressività. Non più il pomposo ma elegante patriottismo di una bella tavola francese che celebra l’alleanza tra Francia e Russia del 1894 o quello di un foglio del periodo giolittiano in ricordo delle “glorie italiane”, ma l’esaltazione dei fasti militari, la glorificazione dello spirito bellicista. L’Europa si avvicina alla catastrofe. In una tavola italiana del 1916 l’oca diventa a due teste, come l’aquila dell'odiata Austria. Si evince il tono generale dalla presentazione del gioco: Qui non si intende l'aquila che, con superba penna,/sale fin quasi al sole, ma l'aquila di Vienna;/bestia grifagna, stolida, che squarta, sgozza, scuoia,/che ha la forca per gruccia, ed ha per cuoco il boia. Mentre nelle caselle i soldati austriaci sono rappresentati mentre stanchi di alzare i piè, poveri cani/gettano l'armi e alzano le mani (casella 33) la propaganda viene esplicitata senza giri di frase, o cittadin, per cacciar via quei rettili/è necessario fabbricar proiettili! (casella 44) e allo stesso "cittadino" si rivolge un chiaro invito: i soldi che nel giuoco hai guadagnati/versali per la lana dei soldati. Frase per altro significativa perché segnala un uso frequentissimo dell'oca come gioco d'azzardo. La prima guerra mondiale era stata il preludio di quella “società di massa” che dopo il ’18 diventerà il tratto dominante di tutti i paesi occidentali. Ed è in questo inedito rapporto tra base sociale e direzione politica che la propaganda diviene uno strumento essenziale delle tecniche di consenso. Certo gli strumenti, se confrontati con quelli attuali, appaiono abbastanza ingenui, ma si sfrutta ogni possibilità per raggiungere, con un calibrato “messaggio”, l’immaginario popolare. E il gioco dell’oca offre per la diffusione, la semplicità, le potenzialità figurative che lo caratterizzano, possibilità assai ampie. Il fascismo le sfrutterà a fondo. Numerose le tavole che vedono come protagonista un giovane ed eroico Balilla, impegnato in mirabolanti avventure. Ecco così una variazione del giro del mondo dove il piccolo Italin, dopo un passaggio a Fiume con D’Annunzio che contrario fu al rinunzio, viaggia in Asia, accolto festosamente dagli abitanti dei luoghi. Quindi tornò i patria, gridò in Roma: / Oh Italia, ognun ti noma!. Il viaggio si conclude, dopo l’immancabile rievocazione dell’impresa di Nobile, in un tripudio di bandiere sotto l’altare della patria. Oppure, in una curiosa tavola di sapore involontariamente surreale, il solito balilla è protagonista di una lunga Corsa sull’autostrada. L’ostacolo più difficile, da evitare assolutamente, è alla casella 30, dove è in corso la conferenza sul disarmo. Ad essa è legata una grave penalità, che rimanda al n.9. In questo gioco, come in quasi tutti quelli pubblicati nel ventennio, le imprese del protagonista sono associate alla pubblicità di prodotti commerciali. Nel 1928 viene stampato un bel gioco programmaticamente intitolato Tutte le strade conducono a Roma, un incrocio tra “Risiko” e il tradizionale gioco di percorso. I concorrenti devono raggiungere, con il tiro dei dadi, la città eterna. L’associazione tra “sponsor”, nel caso le ditte Talmone e Venchi di Torino, e iconografia di regime dà origine ad una curiosa cornicetta dove i fasci del littorio si alternano a caramelle, biscotti, e ai classici vecchietti che bevono cioccolato. Anche la guerra coloniale non sembra sfuggire alle regole pubblicitarie se, in un’altra tavola, l’entrata di Badoglio in Addis Abeba è preceduta da un lungo percorso dove si succedono scene di battaglia e inviti all’acquisto dei “supercalzini” della Santagostino. Si ricorda però che chi arriva al numero 56 deve, prima che il giocatore successivo getti i dadi, gridare SAVOIA, se si dimentica retrocede al numero 43. E’ invece il Tonergil “Erba”, un ricostituente, a sostenere gli sforzi dei giocatori lungo un serpentone tricolore che si snoda da Asmara ad Addis Abeba in una delle innumerevoli tavole che esaltano il colonialismo italiano. Nell’immediato dopoguerra il numero di tavolieri con percorso utilizzati per veicolare messaggi ideologici diminuisce, pur gradatamente. Nel 1948, anno di elezioni politiche segnate dalla contrapposizione frontale tra gli schieramenti, la propaganda assume toni aspri, documentati dai noti cartelloni del periodo. Per chi ancora non può accedere alle urne vi sono svaghi “educativi” come Il giuoco dell’oca del vero italiano, stampato nello stesso anno. La casella che fa da leit motiv rappresenta la statua della libertà. Mazzini e Cavuor si alternano a Marshall e a bandierine Usa tra i campi di grano. I pericoli (disordini, dittatura, guerra, sabotaggio) sono sempre collocati su un inequivocabile sfondo rosso. Compare anche uno curioso Stalin incredibilmente travestito da luna. Mai in un gioco si era inoltre visto un “abbuono” così consistente, a sottolineare l’importanza dell’evento: chi tirando ottiene il n. 12 (aiuti americani) va immediatamente al n. 89 (fabbriche in attività), cioè una casella prima della possibile vittoria, conclusa tra lo scarico dei suddetti aiuti dalle navi americane. Questa tavola, nella semplicità del suo messaggio, nel disegno estremamente semplificato, nei forti colori, è l’esempio tipico di una progressiva involuzione del gioco dell’oca, graficamente sempre più povero, nei tratti e nelle idee, anche nelle versioni “classiche” con le solite ochette. Qualche margine di originalità sembra emergere proprio là dove si riattiva il ruolo di veicolo di propaganda. Ma i casi sono rari. Appaiono ancora, sporadicamente, alcune tavole con chiari argomenti politici ma non hanno più alcuna finalità di gioco, sono chiaramente indirizzate a un pubblico adulto e vengono dunque prodotte come materiale pubblicitario generico. Nel clima "caldo" degli anni Settanta stampano giochi dell'oca la Cisl, la Dc, il Pci; alcuni giochi escono direttamente dai consigli di fabbrica. Disegnano giochi dell'oca Jacovitti e Chiappori (il gioco del L'ockheed), ovviamente per parti contrapposte. |
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