Casella 58: la Morte dell´Imperatore.
Bicentenario 1821-2021

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QUADRO 25

"Portrait du Baron Dominique-Jean Larrey", Madeleine Benoist, Musée, Val-de-Grâce, Paris.

Larrey, Napoleone, l'ambulanza volante e la chirurgia fra gli spari. Con l'imperatore per 18 anni, partecipò a 25 campagne militari e 60 battaglie

Napoleone, come noto, amava circondarsi di studiosi e scienziati. Però fu sempre scettico nei confronti dei medici, e a pochissimi accordò la sua fiducia. Uno di questi fu un medico che lasciò un’impronta indelebile nella storia della Medicina: Dominique Jean Larrey, indiscusso padre dei servizi di emergenza medica e gigantesca figura umana. Lo stesso Napoleone, generalmente avaro di complimenti nei confronti dei suoi simili, lo definì in questi termini: “Il est l’homme le plus vertueux que j’aie connu”. Figlio del calzolaio d’un piccolo villaggio dei Pirenei francesi, dimostrò fin da bambino grande attitudine allo studio. All’età di 13 anni camminò per 5 giorni per raggiungere uno zio chirurgo a Tolosa, con la ferma intenzione di studiare “l’arte di guarire”. Si trattenne con lo zio per 8 anni e, all’età di 21 anni, assetato di nuove esperienze, si recò a Parigi dove partecipò ad un concorso per capo-chirurgo nella Marina Francese. Riuscì così ad imbarcarsi sulla fregata “La Vigilante”, destinata ad una spedizione esplorativa a Terranova. Fu in questa occasione che soffrì terribilmente il mal di mare, che lo indusse a considerare definitivamente chiusa la sua carriera in Marina. Tornato a Parigi, lavorò all’Hôtel-Dieu con alcuni dei più eminenti chirurghi dell’epoca, tra cui Pierre-Joseph Desault (ancora oggi si usa correntemente il “bendaggio alla Desault”), affinando le sue conoscenze. Scoppiò la Rivoluzione Francese e Larrey, con 1500 studenti di medicina da lui guidati, fu tra gli assalitori della Bastiglia il 14 luglio 1789. Totalmente figlio del suo tempo. Tre anni dopo fu assegnato, in veste di chirurgo capo, all’Armata del Reno. In questa occasione Larrey rimase sconvolto dal basso valore che veniva attribuito alla vita dei soldati: i feriti perdevano la loro umanità e venivano abbandonati sul campo. Non erano considerati individui sofferenti, ma problemi per gli spostamenti delle truppe. Un soldato ferito, nella migliore delle ipotesi, veniva raccolto dai suoi compagni d’arme sul campo di battaglia dopo 24 o più ore, ma, in caso di sconfitta, era semplicemente finito dal nemico. Fu in questa tragica circostanza che Larrey concepì l’idea di portare le cure ai feriti già durante la battaglia. Questa idea cambiò per sempre la medicina militare e fondò una nuova concezione della guerra. Egli chiamò la sua invenzione “ambulances volantes” e pianificò nei minimi dettagli l’organizzazione: nasceva l’ambulanza. Ogni divisione di ambulanze era costituita da 12 carri leggeri, il cui pianale poteva oscillare su rudimentali sospensioni, essendo ricavato dagli “ammortizzatori” dei cannoni, in modo da alleviare le sofferenze del ferito. Anche l’organico era rigidamente definito: ogni divisione di ambulanze era servita un “chirurgo di prima classe”, due “chirurghi di seconda classe”, dodici ufficiali medici ed una serie di persone di supporto (infermieri, amministrativi, soldati, trombettiere). Gli ufficiali medici erano incaricati di portare tutta la strumentazione necessaria: ogni cosa doveva muoversi velocemente e flessibilmente nel campo di battaglia, permettendo le cure nel tempo più rapido possibile. Egli scrisse che “essi non devono andare al campo di battaglia senza portare con sé tutti gli strumenti e le medicazioni necessari per una veloce assistenza dei feriti …”. Concetti oggi ovvii, ma all’epoca rivoluzionari. La prima “prova del fuoco” delle “ambulances volantes” avvenne durante la battaglia di Metz, nel 1793, e tale fu il successo che Larrey fu acclamato dalle truppe, che si dissero non più disposte a rinunciare a quella benefica innovazione. Entro pochi anni le ambulanze furono diffuse a tutto l’esercito francese, ma solo in modo ufficioso in quanto, come tutti i veri innovatori, il Nostro attrasse su di sé critiche, derisioni e maldicenze. Napoleone, però, volle con sé Larrey durante la campagna d’Italia del 1796-97. I due si erano conosciuti a Tolone nel 1794 e ne era nata un’immensa stima reciproca. Larrey sarebbe rimasto con lui per 18 anni, partecipando a 25 campagne, 60 battaglie e 400 combattimenti minori. L’Imperatore ebbe a dire al medico: «La vostra opera è una delle più grandi concezioni del nostro tempo e, da sola, sarà sufficiente ad assicurare la vostra fama». Larrey era anche chirurgo di straordinaria abilità e resistenza fisica. Durante la battaglia di Borodino, nei pressi di Mosca, eseguì personalmente oltre 200 amputazioni in 24 ore: una ogni 8 minuti! In quell’occasione egli curò, con uguale dedizione, anche soldati russi feriti: cosa fino ad allora (e spesso anche oggi) impensabile. Fu quella battaglia che ispirò a Ciaikowsky la famosa Ouverture 1812, trionfale canto epico della Russia zarista. Durante la stessa campagna di Russia Larrey, ostinatosi a curare tutti i feriti, rimase isolato sulla riva “nemica”del fiume Berensina. I soldati formarono un ponte umano e lo trassero in salvo passandoselo di braccio in braccio… A Waterloo Larrey fu lievemente ferito e catturato dai prussiani. A causa di una vaga somiglianza fisica e dell’abbigliamento, venne scambiato per Napoleone e condannato alla fucilazione. Un chirurgo prussiano, un tempo suo studente, lo riconobbe e lo presentò al Maresciallo Blucher, che lo accolse come amico, lo nutrì, gli diede del denaro e gli concesse la libertà. Parecchi storici pensano che le innovazioni apportate da Larrey siano state determinanti per i travolgenti successi riportati dall’Imperatore nella maggior parte delle sue campagne. Lo stesso Wellington, il vincitore di Waterloo, fu colpito da ciò che non aveva mai visto prima e salutò «l’onore e la lealtà di un tale medico». Ma la più grande ammirazione gli venne tributata sempre dalle truppe, che arrivarono a credere che la sola presenza di Larrey e dei suoi collaboratori sul campo di battaglia avrebbe garantito loro la sopravvivenza. Altra grande innovazione di Larrey, tutt’ora usata in tutti i sistemi di emergenza del mondo, fu quella del “triage”. Larrey scrisse: “…i feriti più gravi devono essere curati per primi indipendentemente dal loro rango, mentre i meno gravi devono aspettare fino a che non sia possibile operarli ed evacuarli. I feriti lievi devono andare agli ospedali delle retrovie, e ciò vale soprattutto per gli ufficiali, che hanno i cavalli”. Gli ideali della Rivoluzione Francese non potrebbero essere riassunti più efficacemente. Molti anni dopo, esule sull’isola di Sant’Elena, Napoleone dettò questa memoria al Dottor O’Meara, che lo assisté in punto di morte: “Larrey era il più onesto degli uomini, ed il miglior amico dei soldati che io abbia mai conosciuto”.

(Gianfranco Cervellin in "La Gazzetta di Parma" di mercoledì 25 settembre 2019)
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